Il dissesto idrogeologico in Italia è un problema che coinvolge la totalità dei suoli montani e collinari, le cui conseguenze si scaricano anche sulle pianure.
Le piogge che cadono su Alpi ed Appennini raggiungono la totalità delle pianure italiane; il loro tempo di corrivazione (cioè tempo che impiega l’acqua piovana a giungere alle pianure ed al mare dal punto dove tocca il suolo) e la quantità, determinano le punte di portata di ogni corso d’acqua, di fondo valle e di pianura.
Le piogge intense degli ultimi anni: 100-200 mm. di acqua piovana in 1 o 2 ore, cadute in zone collinari o montane, raggiungono il fondo valle in tempi sempre più brevi, perché i sistemi naturali ed artificiali di regimazione delle acque superficiali, non sono dovutamente mantenuti o sono stati distrutti da pratiche umane dettate dal principio di riduzione delle spese sociali e massimizzazione dei profitti di ogni attività umana.
Nelle zone montane e collinari boschive, l’urto delle gocce sul suolo è ridotto dalle chiome degli alberi e arbusti, foglie cadute e manto erboso.
In un bosco naturale o anche ben gestito nei suoi tagli periodici e nella manutenzione della rete di regimazione della acque superficiali, il soprasuolo si rinnova annualmente e riduce notevolmente le possibilità dell’acqua di percorrere linee di massima pendenza, che provocano le prime forme di erosione del suolo.
Nelle zone di prato naturale, la coltre erbosa e la rete radicale stabilizzano i primi cm. di suolo e assorbono buona parte della pioggia.
Gli interventi umani a rischio idrogeologico in tali zone sono: movimenti terra per costruzioni strade, impianti sciistici, accesso di auto, moto e bici fuori strada, che con pneumatici molto sagomati incidono il soprasuolo lasciando tracce nelle quali si convogliano i primi rivoli di acqua piovana, capaci di erodere il suolo .
Tali attività umane sono possibili solo con una elevata attenzione alla integrità del suolo, alle sue reti di regimazione artificiale delle acque come: scoline su terreni lavorati, acquidocci artificiali in pietra, scoline trasversali e fossette laterali nelle strade, inerbimenti tempestivi con piote erbacee per riparare principi di erosione .
Tali opere da costruire e mantenere efficienti sono costose, ma i danni prodotti dalla loro mancanza o non manutenzione superano di gran lunga i costi di messa in opera.
Nelle comunità di montagna spesso esistono ancora norme derivate da usi civici condivisi dagli abitanti di questi territori e rispettate perché determinate dalla loro secolare esperienza.
Per il pascolo estivo di bovini ed ovini, il carico ad ettaro di animali è determinato da molte variabili: condizioni del manto erboso, pendenze dei suoli, andamento meteorico, recinzioni e rotazione dei pascoli.
Il pastore ed il malgaro devono controllare in continuazione lo stato dei pascoli ed ai primi segni di erosione (linee di pascolo lungo le curve di livello e ruscellamenti) intervenire sul numero di capi per ettaro e con piccoli rinzollamenti.
In assenza di questi interventi, le piogge più intense raggiungono velocemente i primi corsi di acqua: ruscelli, fossetti, torrenti si caricano di particelle di suolo eroso e aumentano di volume in rapporto alla quantità di pioggia caduta.
Le attività di forestazione inevitabilmente recano danni ai suoli boschivi, con le impronte lasciate da macchine operative a ruote e cingoli; per questo i boschi di alto fusto e cedui devono essere serviti da strade forestali con pendenze inferiori al 5%, al fine di poter disboscare legname da opera o da ardere, fino a strade principali limitrofe al bosco.
Dopo ogni intervento umano che può incrementare il dissesto idrogeologico, occorre una oculata manutenzione del suolo, in modo che i primi corsi d’acqua dei fondovalle non siano accelerati nei loro percorsi.
Nell’ultimo secolo i fondovalle limitrofi ai torrenti sono stati occupati da zone artigianali, lottizzazioni abitative, strade e quant’altro hanno costretto il corso d’acqua in una asta dritta sulla linea di massima pendenza, eliminando la possibilità di incurvarsi in un’ansa, crearsi degli ostacoli di pietre e legname, invasando acqua in modo da aumentare il tempo di corrivazione delle piogge.
Oggi è inevitabile che ogni opera costruita negli ambiti dei corsi di acqua è destinata a subire danni periodici con l’innalzamento della portata degli stessi.
Le punte di portata dei corsi d’acqua sono determinate anche dalla impermeabilizzazione dei suoli; infatti coperture di edifici, strade, piazzali, etc. non assorbono acqua piovana, ma la convogliano velocemente verso i corsi d’acqua naturali che si trovano così a dover contenere acqua, particelle di terra erosa, tronchi e ramaglie ed i volumi in transito non sempre vengono contenuti.
Nelle zone collinari all’incirca sotto gli 800 m. s.l.m. l’attività agricola di coltivazione occupa superfici superiori a quelle boschive e le lavorazioni colturali del suolo sono numerose per rotare le produzioni erbacee di cereali, leguminose, ortaggi e provvedere alle operazioni agronomiche di colture arboree e arbustive di vite, olivo e frutta.
Agli agricoltori spettano le scelte di attuare, nei tempi e nei modi, quelle lavorazioni più o meno impattanti con i loro suoli, che ben conoscono.
Ogni lavorazione ha costi diversi che condizionano le scelte e se i prezzi di vendita dei prodotti, dal contadino al commerciante ammontano al 10-20% del prezzo finale al consumatore, le spese devono essere contenute al massimo.
L’economia agraria dei paesi capitalisti è il classico caso di come sono suddivisi i redditi ricavati dalla vendita dei prodotti agricoli ai consumatori.
Gli agricoltori sostengono in toto questi costi di produzione del bene: costi per l’uso dei suoli agricoli (affitti o manutenzioni) tasse sugli immobili, costi di manodopera, costi per acquisti di semi, concimi, antiparassitari, costi dei mezzi meccanici e carburanti, eventuali altri costi di conservazione e confezionamento dei prodotti.
Per il totale di queste spese il contadino riceve dal 10 al 20% del prezzo di vendita finale del prodotto.
Gli intermediari commerciali, fino alla distribuzione finale al consumatore, si spartiscono il restante 80%.
Inoltre l’agricoltore singolo o associato in cooperative e consorzi, subisce molto più le variazioni dei prezzi di mercato di quanto le subiscano le catene di grande distribuzione che possono scaricare i loro costi sui consumatori, che se vogliono mangiare non possono che pagare i prezzi scritti sui cartellini.
Nei terreni agricoli con pendenze superiori al 5%, le lavorazioni meccaniche periodiche del suolo per arature, erpicature, fresature, etc. sono la fase più critica per l’erosione idrogeologica; le piogge primaverili estive ed autunnali che cadono su un terreno lavorato e quindi non inerbito, erodono oltre 10 ton. annue di suolo ad ettaro.
Le tecniche di lavorazione più o meno funzionali e l’andamento meteo, possono variare di un 30% tale quantità.
Le modalità di pioggia: pioggia regolare su tempi lunghi, o “bombe d’acqua”, possono ridurre o più che raddoppiare l’erosione, in questo secondo caso si crea l’evento eccezionale incontenibile nei fondo valle ed in pianura.
Nei fondo valle collinari, là dove il corso del fiume si è spostato creando aree pianeggianti, si può aumentare il tempo di corrivazione delle acque attivando casse di espansione che riducono la portata dei fiumi in piena.
Entrano in funzione senza bisogno di intervento umano, con uno scolmatore che è superato dal fiume in piena fino al loro riempimento. Lo svuotamento avverrà in tempi successivi di non piena .
Tali strutture artificiali sono realizzabili lungo tutta l’asta del fiume, dove sono presenti condizioni orografiche idonee al loro posizionamento; e più ne vengono costruite e più tranquilli si vive.
Ve lo dice uno che nel 1966 si vide entrare l’Arno in casa senza bussare.
Dopo quella piena furono fatti progetti di casse di espansione a monte di Firenze, per contenere una piena futura di simile portata.
L’Autorità di bacino dell’Arno, ad oggi, dice che le casse di espansione costruite ed attivabili, non sarebbero in grado di impedire l’esondazione dell’Arno in città in caso di portata simile a quella del ’66.
Che si deve fare? I governanti riducono la spesa sanitaria, scolastica e di protezione civile e aumentano quella militare! Io sono andato a vivere in campagna a 200m. s.l.m., ma forse dovrei costruirmi anche un bunker, per difendermi da bombe ma non di acqua.
Scendendo a quote di pianura, i torrenti se non regimati dalle sorgenti al piede delle colline, si trovano a scorrere sullo stesso livello del piano di campagna, dove sono presenti strade, abitazioni, capannoni etc., e per arrivare al mare vengono arginati con opere in terra o muratura.
Tentare di contenere ogni piena fluviale con argini sempre più alti si sta dimostrando sempre più difficile, sia nei centri abitati che nelle zone agricole di pianura.
Queste ultime sono in gran parte localizzate nelle zone delle ex paludi naturali, quindi in aree destinate alla dinamica naturale delle acque superficiali.
Con le bonifiche dei secoli scorsi si è canalizzata l’acqua verso il mare, ma le capacità di invaso dei canali è risultata insufficiente quando le condizioni del mare non permettono il regolare deflusso.
Nei casi di piene non controllabili con le opere oggi utilizzabili, le acque si riprendono i loro spazi e volumi e ci restano più tempo rispetto alle zone collinari e montane allagate.
Come detto prima l’acqua torbida che ha eroso suoli agricoli e forestali di montagna e collina, aumenta il suo volume e in pianura dovrebbe essere suddivisa in più invasi e da un corso d’acqua naturale si potrebbero originare canali artificiali indirizzati verso il mare, attraversando zone distanti dal fiume originario, rendendole irrigue.
Invece, nei fatti, due fiumi che scendono dalla montagna, il principale e l’affluente, si riuniscono in uno e l’intervento umano alza gli argini e incrocia le dita.
Nelle pianure il contenimento delle punte di piena si può attuare con gli interventi di regimazione delle acque superficiali di montagna e collina, e con l’aumento delle capacità d’invaso delle reti fluviali di pianura.
Tutte opere che hanno bisogno di finanziamento pubblico importante che creerebbe posti di lavoro per la costruzione e per la manutenzione.
Queste spese sarebbero recuperate con la riduzione dei danni provocati dalle alluvioni, che ormai negli ultimi anni hanno raggiunto la media di tre miliardi annui.
Queste opere idrauliche diventano fruibili dalle comunità umane, ma anche animali e vegetali, perché passeggiare sui bordi dei fiumi è gradito da tutti e la vegetazione continua su argini e casse di espansione incrementa la biodiversità animale e vegetale.
La decisione di costruire una nuova opera idraulica, che ti manda a letto tranquillo, dovrebbe essere presa dalle comunità territoriali, finanziata con soldi pubblici e subordinata ad un quesito referendario che chiede: “vuoi l’opera idraulica necessaria al tuo territorio o avere più uomini e mezzi militari per fare la guerra”. La risposta darebbe alla comunità ciò che si merita.
Se invece le decisioni restano in mano ai fenomeni del parlamento “eletti democraticamente”, che in un mese incassano cifre che potrebbero garantire la manutenzione annua di ettari di argini e casse di espansione, continueremo ad avere entrambi i tipi di bombe di cui dicevo prima .
Vincenzo Mordini